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Le imprese rigenerate dai lavoratori attraverso i Workers Buyout: un modello davvero alternativo?

di Francesco Lauria

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1. La legge Marcora e il suo contesto storico e sociale

Negli ultimi mesi, con una frequenza crescente, si sono moltiplicati nei media i racconti e le ricostruzioni di imprese rigenerate dai lavoratori. In un momento di gravissima crisi sanitaria, economica e sociale, nel pieno della recrudescenza della pandemia, i processi denominati “Workers Buyout” (WBO) sembrano quasi apparire come uno strumento “ideale” per lanciare un messaggio di speranza, coesione e, in alcuni casi, di romantica “resistenza al capitale”.
In realtà le “fabbriche recuperate” hanno una storia ben più consolidata anche se, almeno nel nostro Paese, vi sono una data e un nome che possono essere considerati uno spartiacque.
La data è il 1985, il nome è quello del Ministro dell’Industria della sinistra democristiana, il partigiano Giovanni Marcora.
Le legge 49/85 che ha introdotto e regolato i WBO in Italia, nota appunto come Legge Marcora, è dedicata ad aiutare la rinascita delle imprese travolte dalla crisi (o da mala gestione) e rappresenta, come ha affermato alcuni anni fa Romano Prodi, “un esempio unico di virtù di sintesi politica unita alla volontà di liberare le energie creative e la capacità di collaborazione dei dipendenti e dei dirigenti delle imprese stesse”. Il 27 febbraio 1985 la legge Marcora venne promulgata sulla «Gazzetta Ufficiale». Si trattava di un provvedimento volto a supportare il mondo della cooperazione soprattutto in tema di accesso al credito. Ma la legge 49/85 viene ricordata, ancora oggi, e presa a modello in Europa e nel mondo, soprattutto per la sua seconda parte, che ha come obiettivo dichiarato la «salvaguardia dei livelli occupazionali».
Come ha rilevato Andrea Aimar, nel dibattito giornalistico del periodo si parlava, infatti, dell’iniziativa come la legge per «le cooperative di cassaintegrati». L’intervento legislativo è stato pertanto pensato principalmente per i contesti di crisi aziendali, immaginando la possibilità, e definendone gli strumenti a supporto, del salvataggio d’impresa da parte dei lavoratori costituiti in forma cooperativa (anche se non sono escluse a priori oggi altre modalità).Giovanni Marcora, leader della corrente più a sinistra della Dc, “La Base”, è pertanto considerato l’ispiratore del recupero d’impresa in Italia, anche se non fece in tempo a vedere la legge approvata; egli morì infatti prematuramente il 5 febbraio 1983 dopo che, nei Governi Spadolini I e II (giugno 1981-dicembre 1982), aveva ricoperto la carica di Ministro dell’Industria e posto in quel contesto le basi del provvedimento che vedrà la luce nel 1985.
La legge Marcora maturò non solo nei palazzi del potere politico, ma nel pieno del contesto delle lotte sociali degli anni Settanta del Novecento, come è ben spiegato e ricostruito dal saggio di Francesco Dandolo L’industria italiana tra crisi e cooperazione. La partecipazione dei lavoratori alla gestione d’impresa (1969-1985) [Bruno Mondadori, Milano, 2009].
Allargando il campo di azione in ambito europeo, nel 1972 era stata presentata, senza successo, al Consiglio Europeo la proposta di direttiva della CEE sul tema della cogestione, ispirata al modello tedesco; mentre grande enfasi era stata data, nel nostro Paese, nei rinnovi dei contratti nazionali del 1976, a partire da quello pilota dei lavoratori metalmeccanici, ai c.d. “diritti di informazione e consultazione”.
Il dibattito nel sindacato italiano, in particolare nella Cisl (chiaramente a partire dalla sinistra “carnitiana” e dalle riflessioni proposte dai sociologi economici Guido Baglioni e Bruno Manghi, intellettuali di riferimento in quella confederazione ), si nutriva anche di un certo fascino subìto rispetto alle pratiche di autogestione nella Jugoslavia di Tito, viste come una possibile “terza via” auspicabile tra modello capitalistico e socialismo reale e come strumento per affrontare la crescente crisi economica ed occupazionale scaturita dalla crisi petrolifera del 1973.
Come spiega Aimar: “Le motivazioni che spingono Marcora alla fine degli anni Settanta a iniziare la riflessione sul recupero d’impresa sono da ricercare sul piano politico nella volontà di immaginare un modello alternativo alla conflittualità operaia, sul piano economico invece prevale la necessità di fornire risposte alla crisi economica (crisi petrolifere e fase di riorganizzazione del sistema fordista) e in particolare ai lavoratori espulsi dai cicli produttivi. A questo ordine di ragioni ne va aggiunta una terza che faceva riferimento alla volontà di razionalizzare la spesa pubblica in tema di ristrutturazioni aziendali, con il tentativo di ricercare una via ‘produttiva’ al costo della cassa integrazione”. Particolarmente suggestiva appare poi l’indicazione, da parte di Francesco Dandolo, nel suo già citato saggio, del “pantheon” dei principi ispiratori di Marcora nel giungere alla redazione del suo progetto di legge sulle imprese recuperate: Piero Gobetti, Antonio Gramsci e l’enciclica Laborem exercens di Giovanni Paolo II.
Sono questi i principali ed eterogenei riferimenti cui si ispirò il politico democristiano per richiamare all’obiettivo per i lavoratori di passare a una «mentalità di produttori» e classe dirigente superando, laddove possibile, la prospettiva di lavoratori subordinati. È chiaro altresì che il tema dell’autogestione affonda su radici molto più antiche e non può certo essere confinato nella dimensione nazionale italiana.Un’esperienza che appare utile almeno citare è il celebre caso Mondragòn, su cui, a cavallo degli anni settanta e ottanta del Novecento, proprio  incorrispondenza dell’ideazione del percorso che portò nel nostro paese all’adozione delle legge 49/1985, molto si è scritto e dibattuto. Il complesso cooperativo e autogestionario di Mondragòn, nei Paesi Baschi, ha rappresentato, infatti, un paradigma internazionale di riferimento delle pratiche autogestionarie, fin dalle prime esperienze risalenti agli anni cinquanta del secolo scorso.

 

2. Workers Buyout e crisi d’impresa oggi

Tornando al tempo presente e tralasciando, per motivi di spazio, le evoluzioni sociali e legislative successive all’adozione della Legge Marcora, certamente i Workers Buyout rappresentano oggi uno degli strumenti che permettono di analizzare diversi modi di affrontare le gravi crisi aziendali con il coinvolgimento diretto di lavoratori, stakeholder e istituzioni territoriali.
Essi possono essere compresi nelle analisi di esperienze significative al fine di identificare opportunità di rinnovamento, trasformazione e rafforzamento dei contesti produttivi, in particolare in uscita da crisi aziendali che coinvolgono in forma significativa anche il territorio di riferimento. In questo contesto, una particolare attenzione deve essere dedicata, insieme al ruolo degli attori sociali e istituzionali come il sindacato, il mondo cooperativo, le autorità locali, anche agli aspetti finanziari.
Il tema dell’utilizzo degli ammortizzatori sociali e delle risorse finanziarie è fondamentale in un percorso di Workers Buyout (WBO), che costituisce, come già ricordato, il meccanismo con cui i lavoratori di un’azienda, per ragioni diverse ma soprattutto per fronteggiare una crisi aziendale molto grave, danno vita a una cooperativa acquisendo la società preesistente, mantenendo il loro lavoro, diventando imprenditori e gestendo direttamente l’impresa.
In questo ambito, i nodi di sviluppo appaiono quelli dell’anticipo dell’indennità di mobilità e del trattamento di disoccupazione. È, infatti, possibile ottenere dall’Inps l’anticipazione dell’intera somma cui il lavoratore ha diritto a titolo di mobilità, Aspi o NASPI, a condizione di re-investirla tutta come socio-lavoratore nel capitale sociale di una società cooperativa di lavoro. La somma così erogata e investita peraltro è anche detassata. Inoltre, la legge stabilisce che nei casi di crisi d’impresa (fallimento, concordato preventivo, amministrazione straordinaria o liquidazione coatta), l’organo che presiede la procedura deve assicurare la priorità nell’acquisire l’impresa o un ramo di essa alla cooperativa formata dagli ex lavoratori dell’impresa in crisi. Diventa quindi cruciale il ruolo dei soggetti in grado di intervenire a supporto del progetto cooperativo, per sostenere i fabbisogni finanziari, sia per partire, che per eventuali sviluppi. Tra questi, possiamo individuare CoopFond (il fondo mutualistico cooperativo) e CFI (Cooperazione Finanza Impresa), l’Agenzia partecipata riconducibile al Ministero dello Sviluppo Economico. In una dimensione regionale uno tra gli attori particolarmente interessanti è identificabile in Veneto Sviluppo, partecipata finanziaria della Regione Veneto e Banca Etica.

 

3. Un esempio: l’esperienza della Ferroli/Cooperativa Dante

Tra i molti casi assunti anche all’attenzione della stampa e dei media e già analizzati dalla letteratura vi è, proprio nel contesto veneto, il WBO Ferroli/Cooperativa Dante. Si tratta di un esempio paradigmatico che può aiutare concretamente a focalizzarci sui casi di WBO, anche ponendolo a confronto con altre vicende piuttosto simili già affrontate in letteratura.
Il caso Ferroli, presentato in varie pubblicazioni e approfondimenti (tra cui si segnala il progetto europeo guidato dalla Cisl nazionale e denominato Ristart ), si è sviluppato a seguito della crisi della storica azienda italiana Ferroli Spa, operante nel settore delle caldaie e degli elettrodomestici, con sede e principali stabilimenti in Veneto e con impianti produttivi anche all’estero. A seguito di crisi di successione familiare, la società è stata venduta a un fondo di investimento (Oxi Capital) che aveva previsto la chiusura del reparto fonderia e assemblaggio dello stabilimento più importante di San Bonifacio (Verona), con conseguenti gravi ripercussioni per i lavoratori. A luglio 2016 è stato ufficialmente presentato il nuovo piano industriale di Ferroli spa, che ne prevedeva la chiusura. Nel giro di pochi mesi, è stata presa in considerazione, dai sindacati e dai lavoratori, l’idea di creare una cooperativa e a settembre sono iniziate le trattative con Ferroli per raggiungere un accordo sul contratto di affitto della società con il diritto di prelazione all’acquisto. Si è anche lavorato ad uno studio di fattibilità e ad un piano strategico per la riconversione in cooperativa. Il 25 luglio 2017, 62 lavoratori hanno firmato l’Atto costitutivo della nuova cooperativa (il cui nome è ispirato a quello del fondatore della società Dante Ferroli), e a settembre è stata riavviata la produzione. La società Ferroli ha concesso le nuove strutture a noleggio per sei anni a un prezzo simbolico. Il progetto europeo citato, cui si rimanda per ulteriori approfondimenti, ha ricostruito l’evoluzione del ruolo dei differenti attori coinvolti nel processo, mettendo in evidenza il radicamento sociale delle scelte economiche e l’evoluzione delle figure aziendali e di contesto fondamentali: lavoratori, società madre, rappresentanti sindacali, figure di riferimento del mondo cooperativo, istituzioni.
Un nodo appare rilevante e oggettivamente critico, e va citato: il tema della trasformazione della rappresentanza sindacale dopo la costituzione della cooperativa dei lavoratori; a questo si aggiunge il problema di come si possono prevenire conflitti tra chi, tra i lavoratori, interpreta il nuovo ruolo riconoscendosi quasi come un “imprenditore” e chi, invece, rimane legato ad una concezione pienamente solidaristica e mutualistica dell’esperienza in corso. Si tratta di temi ampiamente affrontati nella letteratura recente, anche prendendo a riferimento contesti nazionali diversi da quello italiano come, ad esempio, le esperienze di fabbriche recuperate in Francia, Grecia e Argentina .

 

4. L’accordo tra Cgil Cisl Uil e centrali cooperative sui Workers Buyout

A contribuire al rilancio, anche mediatico, dei processi di WBO è stato inoltre un recente accordo interconfederale, siglato nel pieno della seconda ondata della pandemia. Il 21 gennaio 2021 è stato firmato un importante accordo tra Agci (Associazione Generale Cooperative Italiane), Confcooperative (Confederazione cooperative italiane), Legacoop - le tre principali associazioni di rappresentanza delle cooperative a livello nazionale - e Cgil, Cisl e Uil,  per la promozione e lo sviluppo dei percorsi di acquisizione d’impresa da parte dei lavoratori (WBO). Il Workers Buyout è considerato, nell’accordo sottoscritto, una soluzione importante e auspicabile per risolvere le crisi aziendali, favorendo il passaggio generazionale e garantendo la conservazione del patrimonio d’impresa e del know-how tecnico e produttivo. Tutti gli attori hanno concordato sulla necessità di sviluppare nuovi percorsi innovativi e di rafforzare un'azione comune. In Italia le esperienze dei WBO sono state considerate dalle centrali sindacali confederali e cooperative come prassi positive da contrapporre ai numerosi casi di crisi e chiusure aziendali che sempre più si ripetono nel Paese. Un fatto rilevante, soprattutto per la Cgil, che non sempre aveva sostenuto questo tipo di soluzioni.

I WBO sono congiuntamente considerati come un’opportuna soluzione alle crisi aziendali per garantire il mantenimento dei livelli occupazionali (o limitare sensibilmente il numero dei licenziamenti) e la conservazione dei beni aziendali, materiali e immateriali, come il know-how tecnico e produttivo e gli strumenti di produzione. Dietro i WBO precedentemente avviati, in moltissimi casi, c'era già il supporto di Confcooperative, Legacoop, AGCI, CGIL, CISL e UIL. Tuttavia, si è avvertita la necessità di un'ulteriore gestione comune di questo tema da parte degli attori coinvolti. Questo è il motivo per cui l’accordo è stato negoziato e firmato.

Il testo dell’accordo interconfederale prevede pertanto:
- la promozione di un'azione congiunta per diffondere e aumentare la consapevolezza sui WBO e contribuire al suo successo;
- una maggiore sensibilizzazione su cosa è una cooperativa e quali sono i diritti di informazione, consultazione partecipazione;
- l’idea di fondo è che la cooperativa WBO possa rappresentare uno degli esempi auspicabili e disseminabili per sottolineare che il modello di impresa cooperativa, basato sui principi della partecipazione dei lavoratori e della democrazia economica, possa diventare una delle possibili risposte alle crisi e alle evoluzioni del mercato del lavoro e del contesto produttivo italiano;
- la promozione di una più stretta collaborazione tra coloro che si occupano di procedure di pre-fallimento e insolvenza delle imprese.

Le soluzioni concrete proposte dall'accordo interconfederale sono le seguenti:
- creare un tavolo di discussione nazionale permanente sul WBO per monitorare il fenomeno in Italia (raccolta di notizie sui casi WBO, evoluzioni a livello locale / nazionale, dialogo con gli stakeholder interessati, ecc.);
- aumentare la consapevolezza e promuovere WBO a livello locale e nazionale; inoltre, sviluppare materiali informativi congiunti per tutte le parti potenzialmente interessate, compresi i lavoratori; - attraverso “casi pilota” e testimonianze dirette, spiegare le caratteristiche e le modalità di un processo di WBO, evidenziando anche il valore di questa soluzione nel preservare la conoscenza, l'occupazione e il patrimonio economico, sociale e culturale del territorio;
- promuovere iniziative di informazione e formazione, eventualmente in modo congiunto, tra operatori sindacali e dirigenti di associazioni cooperative nei diversi livelli settoriali e territoriali;
- attivare opportunità di formazione sui WBO rivolte a potenziali parti interessate, tra cui e soprattutto i lavoratori dipendenti delle aziende in crisi, in un’ottica di formazione sulle necessarie capacità imprenditoriali, manageriali e tecnico-specialistiche per i lavoratori coinvolti in processi di WBO;
- valutare casi aziendali singoli in contesti condivisi e attivando una rete di consulenti, centri di servizio, realtà territoriali di sindacati e associazioni di cooperative e altri strumenti di studio e analisi. Ciò consentirà di verificare congiuntamente la fattibilità e la sostenibilità della ripresa dell’azienda in crisi, attraverso il WBO. Una volta avviato il processo di rigenerazione dell’impresa da parte dei lavoratori, dovrà essere monitorato e supportato congiuntamente;
- promuovere una comune attività di sensibilizzazione verso tutte le Istituzioni ed Enti ad ogni livello (Regioni, Comuni, Camere di Commercio, INPS / INAIL, INL, Associazioni imprenditoriali, ecc.) per promuovere, lo sviluppo e la moltiplicazione delle esperienze WBO;
- favorire, infine, l'ulteriore ampiamento degli strumenti di sostegno finanziario, impegnandosi nel contempo a rimuovere i problemi interpretativi o procedurali che spesso rallentano le delicate fasi di avvio dei WBO.

Insieme all'accordo è stato pubblicato dalle parti firmatarie un Vademecum. Il documento fornisce informazioni sull'evoluzione del fenomeno in Italia e un quadro giuridico dello stesso. Esso evidenzia, inoltre, le opportunità di finanziamento e le fasi procedurali da seguire per realizzare un WBO ed espone le azioni di sostegno sviluppabili dalle centrali cooperative e dal sindacato. Si tratta certamente di un accordo importante, finalizzato, in un contesto molto particolare, a fornire una risposta efficace a possibili nuove crisi aziendali anche causate dalla pandemia. Va però ricordato che, come tutti gli accordi interconfederali nei sistemi di relazioni industriali italiane, ancor più importanti dei suoi contenuti risulteranno decisivi i processi di implementazione e monitoraggio degli esiti effettivi dell’accordo stesso, sia da un punto di vista quantitativo che qualitativo. Se i Workers Buyout rappresentino una crescente forma alternativa al capitalismo di mercato o risposte specifiche e limitate ad alcuni contesti, è il quesito che ci accompagnerà nei prossimi anni e che il monitoraggio dell’accordo citato aiuterà a progressivamente a sciogliere.

 

Bibliografia minima

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Sitografia