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CFP Mobilità e tutela delle lavoratrici e dei lavoratori (scadenza 30 marzo 2025)

|   Iniziative SISLav

La Fondazione Giuseppe Di Vittorio e la Società Italiana di Storia del Lavoro organizzano un incontro a Roma presso la sede della Fondazione Giuseppe Di Vittorio il 23-24 giugno 2025 per discutere di “Mobilità e tutela delle lavoratrici e dei lavoratori” e invitano il mondo della ricerca e quello sindacale a intervenire portando le proprie esperienze e competenze.

Premessa

Il XIV Rapporto annuale della Direzione generale dell’immigrazione e delle politiche di integrazione del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali dedicato a “Gli stranieri nel mercato del lavoro in Italia” (2024) traccia un quadro generale della situazione di “stranieri/e” in termini di occupazione e di condizioni lavorative. Pur mantenendo una distanza critica rispetto all’approccio statistico, la lettura del Rapporto permette alcune considerazioni generali interessanti. Lavoratori e lavoratrici migranti forniscono all’Italia il 10,1% della manodopera occupata, di cui il 75% è impiegato con la qualifica di operaio/a, mentre solo 1% con quella di dirigente o di quadro. Secondo il Rapporto dell’anno precedente, tra immigrati e immigrate provenienti da Paesi extra UE, il fenomeno della sovra qualificazione è estremamente diffuso: Il 60% degli occupati non comunitari è in possesso di competenze formali superiori a quelle richieste per svolgere le mansioni per le quali sono retribuiti. Il Rapporto mette in luce anche il problema di scarsa sicurezza sul lavoro, che colpisce in modo particolare immigrati e immigrate: nel 2023 sono stati denunciati 204 decessi sul lavoro di lavoratori e lavoratrici stranieri/e (19,6% del totale). In alcuni settori – manifatturiero, trasporti e magazzinaggio, costruzioni – il 91% degli infortuni denunciati ha visto coinvolti lavoratori stranieri non comunitari, che restano quindi i più esposti a lavori pericolosi e mal pagati. Questo quadro, già di per sé allarmante, è del tutto parziale, perché non tiene conto di quell’ampia parte del mercato del lavoro “sommerso”, non formalizzato. È qui che prevalgono condizioni di impiego che spesso conducono a forme di restrizione o di privazione della libertà di lavoratori e lavoratrici, come mostrano le indagini dell’ILO su alcuni settori produttivi come, ad esempio, quello edile (Migrant Work and Employement in the Construction Sector, 2018). La situazione di fragilità vissuta da lavoratori e lavoratrici stranieri/e è aggravata dalla difficoltà ad accedere a risorse fondamentali, quali l’assistenza (di diversa natura), il credito, il mercato del lavoro formale.

L’apporto importante di lavoratori e lavoratrici migranti alla manodopera attiva in tutti i settori produttivi non costituisce certo una novità. La ricerca del lavoro e di migliori condizioni professionali ha costituito il motivo principale degli intensi fenomeni migratori che in tutte le epoche hanno interessato l’Italia e l’Europa. Nella maggior parte dei casi, a lavoratori e lavoratrici migranti, mobili sul territorio, erano precluse molte risorse locali (assistenza, credito, accesso alla giustizia, al mercato del lavoro).

 

Obiettivi e assi di ricerca

Questo workshop si interessa alle diverse forme di tutela di lavoratori e lavoratrici migranti in una prospettiva di lunga durata, dal medioevo ai giorni nostri. Cerca di farlo adottando un punto di vista il più possibile aderente a quello di lavoratori e lavoratrici, tentando di capire in quale contesto e campo di possibilità – relazionali, istituzionali, giuridiche – si sono trovati ad agire. Per questo, il workshop privilegia le ricerche centrate su casi di studio specifici, in grado di mettere in luce la complessità delle situazioni e delle soluzioni adottate, facendo emergere le specificità e i tratti comuni attraverso l’esercizio della comparazione.

Tre sono gli assi intorno a cui si intende articolare la discussione, che corrispondono a tre forme di tutela dei lavoratori e delle lavoratrici che hanno spesso coesistito, contribuendo a formare il campo di scelta e di azione degli attori e delle attrici sociali. Si distinguono tra loro non tanto per i modi di agire, ma per il diverso grado di riconoscimento istituzionale e formale. Non vanno quindi intese come distinte o alternative tra loro, ma come interconnesse, sovrapposte e complementari.

 

1/ La tutela informale. In moltissimi casi la tutela di lavoratori e lavoratrici migranti si è organizzata intorno a reti di solidarietà che possono ricalcare le reti comunitarie e famigliari o costruirsi ex novo nei paesi di arrivo, includendo o meno la società civile locale.

Gli storici hanno insistito molto sull’importanza delle catene migratorie nei processi di inserzione lavorativa e sociale dei migranti nei paesi di arrivo. Si tratta ora di comprendere quando e in che misura queste reti di relazioni – che talvolta si configuravano come relazioni con taluni imprenditori – abbiano rappresentato una forma di tutela di lavoratori e lavoratrici e quando, al contrario, hanno implicato forme di dipendenza o di sfruttamento.

Parallelamente, la tutela di lavoratori e lavoratrici è passata anche per reti di solidarietà che si organizzano localmente spesso grazie all’iniziativa individuale o collettiva della società civile. Ne è un esempio recente la mobilitazione degli abitanti delle comunità di confine tra la Francia e l’Italia, o di alcune comunità del sud Italia (il caso Riace) a sostegno di lavoratori migranti irregolari per ottenere una loro regolarizzazione. Queste forme di solidarietà – che purtroppo hanno lasciato poche tracce nella documentazione per le epoche meno recenti – si sono spesso scontrate con le forme di controllo dei movimenti delle persone da parte delle istituzioni locali o statali.

 

2/ Forme di autorganizzazione. In diverse epoche e in diversi contesti economici, sociali ed istituzionali, i lavoratori migranti hanno dato vita a forme eterogenee di tutela autonoma dei propri interessi. Dalle confraternite di mestiere in età moderna alle società di mutuo soccorso gli storici hanno ravvisato i diversi tentativi di costruire forme autonome e autogestite di tutela dei lavoratori e di risposta alle loro necessità concrete. Osservate da vicino queste realtà associative aiutano a comprendere le dinamiche interne alle comunità dei migranti, le forme di tutela, ma anche le gerarchie interne – che includono anche il genere o l’origine geografica ed “etnica” – e le tensioni che ne possono nascere, così come il rapporto dialettico con le istituzioni politiche locali e con il contesto giuridico.

In tale prospettiva, per l’età contemporanea, acquista un particolare rilievo il ruolo del sindacato. La dialettica che investe le relazioni del sindacato e dei suoi aderenti con i lavoratori immigrati, ed eventualmente con i gruppi informali di tutela costituiti da questi ultimi, è un elemento di grande interesse per leggere il grado di conflittualità sociale nei diversi contesti e le strategie adoperate dai lavoratori e dalle lavoratrici per contrastare politiche loro avverse.

 

3/ Interventi istituzionali e giurisprudenziali. Nel lungo periodo le relazioni di lavoro sono state oggetto dell’attenzione delle istituzioni pubbliche. I provvedimenti di natura legislativa e le decisioni delle corti e dei tribunali hanno contribuito a disegnare le architetture dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici, affiancandosi in età contemporanea agli accordi di natura internazionale e agli interventi delle istituzioni sovranazionali. Per comprendere il ruolo dei lavoratori e delle lavoratrici migranti all’interno delle dinamiche di costruzione di tutele e garanzie giuridiche, sembra opportuno considerare sia lo “spazio pieno” dei divieti normativi sia lo “spazio vuoto” dell’afasia legislativa, entrambi produttivi di ricadute significative sul piano delle relazioni di lavoro e dell’agibilità dei soggetti. Come si è passati dall’espulsione degli “indesiderabili” da parte degli organi dei Ministeri dell’Interno alla possibilità di accedere alla tutela istituzionale?

Il ruolo dei tribunali è particolarmente importante, perché permette di vedere le tensioni che attraversavano le società e, specialmente in caso di vuoti legislativi, le spinte – talvolta contraddittorie – che sorgevano attorno alla discriminazione dei/lle migranti. L’arena giudiziaria permette inoltre di mettere in evidenza la dialettica tra soggetti diversi, ma anche tra fonti di diritto che, talvolta, potevano essere in contraddizione tra loro.

 

Questi tre assi si intrecciano con le specificità legate al genere, all’origine geografica, alla “razzializzazione”, che evidenziano le differenze di condizione ed i conflitti esistenti non solo tra stranieri e nazionali, ma anche tra comunità migranti ed al loro interno, destrutturando questa categoria uniformante.

 


Modalità di partecipazione e invio delle proposte

Le proposte di intervento di massimo 500 parole dovranno pervenire entro il 30 marzo 2025 insieme ad un breve profilo biobibliografico all’indirizzo mail storialavoro@gmail.com. La lingua della discussione è l’italiano.

L’incontro si terrà il 23-24 giugno 2025 a Roma presso la sede della Fondazione Giuseppe di Vittorio, in via Donizetti 7 a Roma.


Comitato organizzatore: Virginia Amorosi, Stefano Bartolini, Giuseppe De Sario, Federico Del Giudice, Giulia Di Giacomo, Daniele Di Nunzio, Fabrizio Loreto, Maria Grazia Meriggi, Edmondo Montali, Nicoletta Rolla, Francesco Sinopoli.

 

Scarica qui la call for papers.

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