Attraverso lo spoglio delle carte del personale della Società degli Altoforni, Fonderie e Acciaierie di Terni (SAFFAT), l’autore da un lato delinea le caratteristiche principali delle forze di lavoro presenti nell’impresa durante il primo quindicennio del XX secolo (provenienza, età, stratificazione professionale e salariale, mobilità, ecc.); dall’altro tenta di ricostruire, tramite il confronto con altre fonti - come ad esempio i censimenti della popolazione e dell’industria e i catasti agrari - i complessi rapporti creatisi tra uno dei più importanti stabilimenti siderurgici italiani e gli abitanti del territorio in cui era situato.
Dallo studio emerge come l’azienda si orientasse perlopiù verso il mercato del lavoro locale per il reclutamento di manodopera di prevalente origine contadina e poco o per nulla qualificata, che per la SAFFAT divenne una risorsa economica di notevole importanza. I legami ancora saldi che tale manovalanza conservava con la terra e i meccanismi di pluriattività permettevano alla Società di contenere i livelli salariali e di evitare la costruzione di abitazioni per i suoi dipendenti.
Infine, l’assetto tecnico-impiantistico raggiunto dalla SAFFAT in quegli anni - grazie all’utilizzo massiccio di macchinari e metodi di produzione avanzati - consentiva all’impresa di affidarsi in misura considerevole a schiere di contadini e di manovali, relativamente disciplinati e obbedienti al regime di fabbrica.
Per maggiori informazioni e per consultare l'indice del volume clicca qui.